domenica 16 ottobre 2011

Cronaca di un corteo con disordini




 I manifestanti cercano di allontanare gli anarchici
 uniti controla crisi uniti per l'alternativa


  Una manifestazione imponente, mai visti cosi tanti compagni, giovani, anziani, donne, bambini in corteo. Piazza Repubblica non riesce a contenerli. Ci sono tutti, da tutta Italia. Dai No Tav ai No Da Molin, dalla Fiom di Mestre ad Uniti contro la Crisi, dai Draghi ribelli ai ragazzi del Teatro Valle. Operai, precari, docenti, studenti, ricercatori, casalinghe. Arrivano dalle isole ma anche da Trieste e Novara.Ci avviamo verso lo spezzone dei veneti che scorrono dietro lo striscione "UNiti contro la crisi". I manifestanti sono cosi tanti, ogni fila è composta da almeno quaranta persone, che fatico a trovarli. Camminiamo lungo il corteo per almeno mezz'ora prima di arrivare a loro e il corteo deve ancora partire. Siamo affascinati, euforici. Gli slogan sono molti. Contro Berlusconi e contro le banche. Gli striscioni sono variopinti e diversi. Le bandiere rosse sventolano al cielo cosi come quelle dell'arcobaleno.
   Quando arrivo vicino ai compagni ne riconosco uno e scorgo in lontananza un fumo nero insistente e minaccioso. Mi spiegano che ci sono 400 anarchici che stanno mettendo a ferro e fuoco Roma. Lo spirito della cronista prevale sulla paura, voglio vedere. Mi stacco dal nostro spezzone e vado a vedere più avanti. Anarchici e blac block, saranno quattrocento, sono dentro il corteo.Tutti col casco corrono compatti. Il più anziano avrà 18 anni. Ad un certo punto in una ventina escono e girano verso la via dove mi trovo io. Tutti i presenti iniziano a scappare, il fuggi fuggi è generale. Loro si mettono il passamontagna e iniziano a sfasciare le vetrine di una banca. A quel punto scappo anche io e ne incrocio cinque che corrono vicino a me. Quando si levano maschere e fazzoletti urlo loro di allontanarsi dalla manifestazione. Sono incazzata. Non mi rispondono e se ne vanno di fretta svoltando verso piazza san Giovanni dove dovrebbe esserci la fine della manifestazione. Capisco che devo allontanarmi. Il rischio è di prendersele. Per la strada trovo ragazzi che spostano cassonetti in mezzo alla strada e sfasciano tutto ciò che trovano. Dovevo trovarmi con un compgano del Manifesto che è ancora all'inizio del corteo. Non ci riusciremo perchè ad un certo punto le sirene della polizia e delle autombulanze sono l'unico sfondo, assieme ai lacrimogeni ed al fumo degli incendi, del corteo. In molti sono costretti ad allontanarsi. I compagni veneti mi inviano sms e mi dicono che hanno fatto un servizio d'ordine per impedire agli anarchici di infiltrarsi dentro le fila del loro spezzone. Alcuni di loro hanno anche tentato di fermarli.Niente da fare. Sono troppi ed agiscono a piccoli gruppi.
La rabbia dei manifestanti è tanta.Si possono solo difendere. Dai cretini/ provocatori che credono di assaltare il cielo bruciando le auto di qualche poveraccio che le sta ancora pagando col mutuo e dalla polizia che assalta il corteo senza alcuna differenza tra passanti, indignati e anarchici. Le notizie che si rincorrono poi sono quelle provenienti dal Pronto Soccorso del San Camillo dove la polizia fa irruzione nella sala visite con minaccia di denunciare anche i medici della prima linea e i dirigenti dell’ospedale se non consentiranno loro di prendere le generalità dei feriti. Protesta dei medici. Tra i manifestanti arrivati in ambulanza al San Camillo uno, col naso fratturato - probabilmente da una manganellata - rischia di perdere un occhio. Minacciata anche la direttrice sanitaria Daniela Orazi.
  Alla fine siamo tutti salvi. L'appuntamento è per le 19 all'autobus che raggiungiamo in metropolitana. Quando ci troviamo facciamo una analisi politica della situazione. Perchè non fermarli prima? Per un semplice motivo.Perchè si tratta di frange incontrollabili che non si rapportano con nessuno.
  Nonostante loro comunque la manifestazione ha segnato un punto di non ritorno.Il superamento della crisi a colpi di riconversione ecologica dell'economia per una salario sociale minimo garantito a tutti. Queste ieri come oggi le nostre parole d'ordine. A Roma eravamo centinaia di migliaia per ribadirlo. 

Beatrice Andreose




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