venerdì 28 ottobre 2011

Diritto all'insolvenza - Togliere potere alle banche e uscire ...dalla crisi





 Debiti illegittimi e diritto all'insolvenza

François Chesnais


«L’annullamento del debito pubblico è una misura di realismo politico. Non ci sarà alcuna “uscita dalla crisi” senza azzeramento del debito e senza aumenti salariali».
  A dirlo è François Chesnais, economista francese e professore associato dell’università di Paris XIII. Contrariamente a ciò che raccomandano economisti, esperti e organizzazioni internazionali, il «default» non è affatto il peggiore dei mali. Anzi. Perché la crisi economica che stiamo attraversando, prima di essere la crisi del debito pubblico, è la crisi del sistema bancario. È la crisi di un modello economico basato sulla finanza, che ha concentrato la ricchezza nelle mani delle banche a svantaggio del lavoro salariato.
  «Diritto all’insolvenza» significa, allora, impedire che in nome della solvibilità del debito pubblico si impongano riforme in senso liberista e ulteriori tagli alle politiche sociali. Significa limitazione dello strapotere della finanza e ripristino di un controllo sociale sull’attività bancaria. Significa ripensare la crisi della zona euro a partire dall’urgenza di nuovi modelli di produzione e di investimento. Il diritto all’insolvenza parte da una domanda semplice: perché dobbiamo pagare per debiti fatti da altri? Ed è ciò che si chiederanno presto anche in Italia i militanti dei movimenti sociali, gli «indignati», i precari, i pensionati, i lavoratori dipendenti, quando cadrà su di loro l’onere del debito. Questo libro è la risposta che stanno cercando.
 François Chesnais è economista, militante e riconosciuto esperto di globalizzazione. È professore associato all’università di Paris XIII. Tra le sue pubblicazioni, in lingua francese: Tobin et cie. Des taxes internationales sur le capital (Tribord, 2006) e La finance mondialisée (La Découverte, 2004).

In libreria ad inizio novembre 2011
pp 168
euro 9,00
François Chesnais Debiti illegittimi e Diritto all'insolvenza -
 Quando le banche sacheggiano le politiche pubbliche Il servizio del debito pubblico, oggi garantito con tassi di interesse sempre più alti, si fonda su un’imposizione che grava principalmente sui redditi da lavoro. Esso rende possibile un trasferimento gigantesco delle ricchezze verso banche e fondi finanziari di investimento, a spes...e dei lavoratori. Ma l’indebitamento dei governi è anche un’arma per accelerare la messa in pratica di misure di privatizzazione e precarizzazione tipiche del capitalismo liberalizzato, finanziarizzato e globalizzato. Un documento dell’Fmi del novembre 2010 lo dice chiaramente: «le pressioni dei mercati potrebbero riuscire lì dove altri approcci hanno fallito». I terribili colpi inferti a lavoratori e a giovani in Grecia e in Portogallo confermano che questo avvertimento va preso sul serio. La lettera rivolta al governo italiano il 5 agosto 2011 dal presidente uscente della Bce Jean-Claude Trichet e dal suo successore Mario Draghi, ex vicepresidente di Goldman Sachs, traduce perfettamente il desiderio di dominio della finanza sugli Stati e i loro cittadini. La «crisi del debito» degli Stati nasconde in modo sempre meno efficace una profonda crisi delle banche. Non avendo tassato patrimoni e capitali e non avendo contrastato l’evasione verso i paradisi fiscali, i governi si ritrovano oggi pesantemente indebitati nei confronti dei fondi di investimento stranieri, ma soprattutto nei confronti delle banche europee. Queste ultime hanno bilanci fragili. Hanno concesso troppo credito rispetto ai depositi e ai fondi propri. Nell’autunno del 2008 sono state salvate. Oggi tornano a chiederlo una seconda volta. Le politiche di rigore di bilancio e di riduzione dei salari richieste da Unione europea, Bce e Fmi fanno affondare l’Europa nella recessione. Sono due i problemi che vanno posti contestualmente: annullamento del debito pubblico e socializzazione delle banche, così da ripristinare un controllo sulla creazione del credito da ripensare in funzione delle priorità sociali e ambientali. C’è chi sostiene la necessità di un diverso scaglionamento dei debiti. In questo libro, è la denuncia dei «debiti illegittimi» a essere condizione di qualunque sostanziale cambiamento economico e sociale. Nessun cambiamento della ripartizione della ricchezza a favore del lavoro può avvenire senza intaccare il servizio del debito, dunque il debito stesso. La tassazione dei profitti e dei redditi più elevati non sarà sufficiente, finché questa variabile fondamentale del potere del capitale non verrà soppressa.
di: DeriveApprodi Editore..

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